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Autore: Massimo Grusovin
Anno: 2012
Formato: 14x21 cm.
Pagine: 164
Stampa interno: Bianco e nero
Copertina: Colore, brossura
Prezzo: Euro 13,00
Lingua: Italiano
ISBN: 88 96940 976

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Ritorno

Un'avventura tra le galassie
alla ricerca della verità 


Houston, abbiamo un problema! E l’Apollo 13 circumnavigò la Luna e ritornò sulla Terra con un indimenticabile viaggio che tenne milioni di persone con il fiato sospeso.
Houston, abbiamo un problema! Sembrò scrivere Massimo Grusovin quando propose “Le cose e gli esseri”, il suo primo libro, scritto solo pochi anni fa, in realtà in un’epoca che sembra distante anni luce dal drammatico “presente”. Il problema è la fine della logica, ovvero del riconoscimento di una “ragione” fondata sull’Essere del Creatore e non invece fondatrice di un ordine universale radicalmente autonomo: addio Aristotele e Tommaso d’Aquino, liquidati dal “cogito” cartesiano e dalle categorie kantiane…

Tra cene prelibate innaffiate da vini delicati, l’autore propose di “ritornare sulla terra” non semplicemente invertendo la rotta e accendendo i motori, ma accettando la sfida: ovvero entrando nel Lem della post-modernità per respirarne tutta la (poca) aria disponibile, prima di rischiare la pelle nel rientro vertiginoso fra le fiamme della densa atmosfera. Ne è uscito un libro dallo strano titolo inglese, al cui centro in fondo sta la questione della morte, ovvero lo scoglio contro il quale si infrange ogni ottimismo scientista.
Il rientro non è stato accolto dal tripudio del pensiero osannante, Massimo non è tipo da “l’avevo detto io!” “La prospettiva del ragno” affronta piuttosto il tema della conoscenza, ovvero la possibilità di ricevere risposta alla domanda sul perché esiste l’essere invece che il nulla. È l’analisi del vettore che aveva condotto il pensiero fino alle soglie dell’Infinito e dell’Eterno, torre di Babele incompiuta a causa della totale - la Bibbia la definirebbe “benedetta” - incomunicabilità dei linguaggi umani svincolati da un orizzonte comune. È la scoperta - sotto la lente simbolica dell’investigatore affascinato dalla bellezza e reso inquieto dalla percezione del mistero - della possibilità di coniugare l’irriducibile esperienza della fede con la sua intrinseca (?) razionalità.
Il (?) ci sta: tanto è vero che - stretti un paio di bulloni e riempiti i serbatoi per il lancio - il Grusovin decide di ripartire verso lo spazio, di intraprendere un nuovo viaggio interstellare. Un percorso che questa volta non parte dalla constatazione del fallimento del pensiero autonomo, non cede alla tentazione fin troppo frequente nel tempo della “crisi globale” di fare di ogni erba un fascio. Si tratta di un lancio oltre le colonne d’Ercole della conoscenza, questa volta su un’astronave rattoppata guidata dallo stesso autore, abitata dai personaggi delle storie precedenti e da altri strani esseri animati anche quando inanimati. 
È un’avventura che prende la mano a chi la racconta, al punto che il lettore inizia ogni capitolo presagendo la prossima “fine” e l’abolizione del punto interrogativo; lo termina invece con il fiato sospeso, senza aver trovato la risposta appagante, rinviato inevitabilmente alla “prossima puntata”. E così il cerchio non si è ancora chiuso perché se l’autore aveva iniziato a scrivere per risolvere il problema della logica, in questo libro non approda certamente alla complessa ma sicura spiaggia della “summa” medievale. Il viaggio iniziato non ha la chance di un vero ritorno, la proiezione verso l’al di là del tempo e dello spazio non permette di intravvedere altro che le affascinanti speranze che accompagnano il mistero della fede.
Al di là della sua volontà, quella che lui racconta è una fede nuda, sorretta certamente dalla compagnia di chi individualmente la condivide o spasmodicamente la ricerca, ma anche abissalmente distante da qualsiasi cabina di controllo, da qualsiasi Houston della razionalità. Non è di sicuro questo l’approdo voluto da Grusovin e non è neppure sufficiente l’espediente che ricorda vagamente la prova ontologica dell’esistenza di Dio: la contrapposizione al “cogito ergo sum” del “desidero ergo es”, l’affermazione dell’oggetto della propria speranza dimostrata dall’esistenza del suo desiderio. No, a meno che Massimo non abbia deciso di fermarsi di fronte all’in-dicibilità dell’esperienza mistica, occorre un nuovo rientro sulla terra.
Ovvero è urgente la costruzione di quel ponte tra logica medievale e relatività moderna in grado di superare i venefici - ismi del fideismo e del razionalismo. È la condizione perché ci possa essere un futuro, non dell’esperienza letteraria del nostro autore, ma della filosofia e della stessa umanità.
Andrea Bellavite